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Verso Lawrence Liang: le licenze opus e la cultura del remix

Con Lawrence Lessig condivide non solo il nome. Ma anche la passione per le licenze aperte, presupposto necessario per andare oltre la cultura del copyright e aprirsi alle nuove pratiche creative di rete.

Già nel 2001 Lawrence Liang si è fatto promotore di un progetto pioneristico di licenze open, forse ancora più radicali di quelle Creative Commons proposte da Lessig. Insieme al centro di ricerca indiano SARAI e al Raqs Media Collective di New Dehli, ha partecipato alla creazione della piattaforma collaborativa OPUS COMMONS (Open Platform for Unlimited Signification).

Opus è un ambiente in cui ciascun utente è invitato ad essere anche produttore. Puoi vedere e scaricare i materiali, trasformarli e poi condividerli di nuovo sotto il dominio Opus. Ciascun oggetto archiviato, esibito e reso disponibile per la modificazione trasporta con se le informazioni che possono identificare tutte le persone che vi hanno contribuito. Opus non solo facilita la COLLABORAZIONE, ma salvaguarda anche l’IDENTITÀ degli autori/creatori in ciascun momento dell’evoluzione di un’opera.

Opus ha aperto l’edizione 2002 del festival Documenta 11. E Lev Manovich (altro guru passato da MtMG) lo ha accolto con toni entusiasti: «Uno dei più interessanti progetti new media fin ad ora visti. È un sistema sofisticato, sia dal punto di vista teorico che tecnico, per la creazione di un ambiente multi-autore e multi-culturale».

E in effetti a Liang e al centro Saria va sicuramente il merito di aver mosso i primi, coraggiosi passi per promuovere quella cultura del REMIX e del MASH-UP che negli anni a venire è diventata uno dei tratti principali della creazione artistica online.

RIP! A Remix Manifesto

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