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Una dimensione sospesa tra reale e intangibile | con Chiara Passa

A farci conoscere Chiara Passa è stato un incontro di esperienze virtuali.
L’ho incontrata sulle scale del Meet, che non è un posto qualunque.
Sono scale abitabili, così sono state concepite. Non un luogo di passaggio ma dove stare, sedersi, viverle. Sono il nostro personale boulevard che traversa tutto il centro culturale e dove come in questo caso, presentiamo al pubblico artisti e personalità nei nostri periodici incontri sulla virtualità, appuntamento a cui stiamo abituando la nostra community.
Still Life, l’esperienza immersiva che Chiara ha presentato al MEET è stata l’occasione per riflettere sul paesaggio che la virtualità ci sta proponendo, una nuova natura da esplorare, una nuova estetica formare. E la riflessione si è fatta intervista, quella che leggerete, e spero che a sua volta possa essere per voi motivo di riflessione. Enjoy.
(SL)

Stlill Life

Meet – Cerchiamo di dare una risposta ad una domanda difficile: quali sono le ontologie, i principi dell’estetica del virtuale? da dove origina l’immaginario in un media così difficile da racchiudere tra bordi… cosa ribolle all’interno di questo grande magma?. E’ come se questo media dicesse: E’ la fine dell’obsolescenza estetica. Non c’è più una estetica, ma tutte le estetiche, tutti gli stili possono convivere nel virtuale contemporaneamente. Sono finite le onde, i generi, gli stilemi.
Ad esempio dove i low poly determinano una drammatica riduzione del dettaglio non si percepisce una ingenuità o una “bassa risoluzione” rispetto all’iperrealismo spinto, ad esempio di alcune simulazioni.
Secondo te è sbagliato pensarlo? Tutte le estetiche sono possibili?

Chiara – L’immaginario di per sé è impossibile da racchiudere o confinare, specialmente quando si riferisce al virtuale, dove addirittura la presenza è messa in questione. Quindi, generi, stili ed estetiche artistiche sono più che mai senza limiti.
Il virtuale attrae artisti e spettatori mettendo in discussione la nostra idea di realtà e portandoci a confrontarci con i nostri limiti percettivi che si spingono ben oltre l’idea di corpo materiale. Nel virtuale tutte le mimesi estetiche sono possibili, basta usare un po’ di fog nella scena VR per deviare i sensi dello spettatore.
All’interno dei mondi virtuali lo spettatore può stabilire una dimensione intimistica con l’opera d’arte ma al tempo stesso può essere circondato da folla. In questa nuova dimensione cognitiva la fruizione artistica è aperta a molteplici livelli percettivi che introduce il pubblico attivamente nel vibrante contesto dell’opera.
Riguardo l’estetica low-poly, ricordo che negli anni Novanta era un problema tecnologico poiché il VR era ancora troppo pesante specialmente per internet. Oggi l’estetica low-poly è di moda poiché sponsorizzata da Google per anni, e fino all’anno scorso, quando poi ha deciso di chiudere il sito chiamato Google Poly che offriva modelli 3D gratis. Aspetto il revival del sofisticato tecno-minimalismo anni Novanta a cui son tanto affezionata, ritornerà?

Meet – E i creativi come reagiscono? secondo te c’è veramente un atteggiamento liquido (mi verrebbe da dire anarchico) ? Si sta scoprendo che anche le piattaforme non conoscono obsolescenza, esistono in parallelo al di fuori dall’hype del momento, ognuno con i suoi utenti affezionati… Io mi rendo conto che chi è nato (come avatar ndr) in un certo tipo di mondo, è ancora li (tu mi parlavi di Activeworld uno dei primissimo mondi virtuali tuttora attivo), chi è in second life fa la stessa cosa… magari visita e popola anche altri mondi ma non cambia residenza… in qualche maniera il suo cuore estetico è in quel posto, anche se tutti convivono contemporaneamente.

Chiara – Io sono partita proprio da questo atteggiamento liquido e libero direi. Negli anni Novanta, ispirata dagli scritti di Marcos Novak ho iniziato subito ad usare il termine Super-Place (super-luogo) per caratterizzare i luoghi dinamici e self-performativi nelle mie opere digitali, che apparendo animate da una metafisica intrinseca, si trasformavano spesso davanti al fruitore in qualcosa di sempre diverso e inaspettato. Quindi, alla fine degli anni Novanta, producevo video-installazioni e opere multimediali a effetto immersivo, utilizzando i mezzi del momento che si basavano fondamentalmente su proiezioni Beamer cielo-terra, tipo The Cave (Cave Automatic Virtual Environment). Tali proiezioni accoglievano e circondavano lo spettatore in una piccola stanza quadrata, consentendogli di interagire con uno spazio architettonico in continua trasformazione.
La mia ricerca si inserisce in quel filone di rinascita dell’immersività in arte che riprende di nuovo negli anni Novanta; infatti, la mia opera si è sempre evoluta attraverso piattaforme virtuali e tecnologie ignorando obsolescenza concettuale e hype temporanei.

Meet – Molto interessante questo pendolo temporale, come se vi fosse una sliding doors che muove le estetiche dell’arte digitale su e giù per il tempo. ma contemporaneamente alcune idee hanno necessità di aspettare che una tecnologia maturi per poter essere concretizzata… Come fa un artista che lavora a stretto contatto con la tecnologia a mediare fra gli aspetti evolutivi della tecnologia e la natura dell’arte, che al contrario non ha evoluzione?

Chiara – Adottare la tecnologia come mezzo artistico è una sfida che accolgo ogni giorno da più di venti anni, da quando, ai tempi dell’accademia, ho iniziato a studiare Walter Benjamin dal quale ho appreso che ogni nuovo medium trova sempre la sua legittimazione nella realizzazione di una promessa non mantenuta dal medium precedente.
Infatti, la capacità di sviluppare opere d’arte sempre più interattive e coinvolgenti va di pari passo con le opportunità e con le novità che la tecnologia mi offre. Alcune volte mi sono trovata – e mi trovo – a progettare opere multimediali complesse che non ho potuto realizzare, o che hanno visto la luce solo dopo molti anni, perché implicano l’utilizzo di tecnologie ancora non esistenti o acerbe e quindi molto costose. Spesso questo aspetto costringe gli artisti a escogitare altri metodi di realizzazione impedendo loro di eseguire le opere così come le hanno immaginate.
La cosa più importante per me è la progettualità perché questa rimane sempre, anche quando le estetiche evolvono rapidamente insieme alle tecnologie.

Meet – Un altro argomento legato al tempo, allo stile riguarda la correlazione fra estetica e identità culturale, nazionale perdita o vantaggio? pensa ad esempio come era riconoscibile la grafica negli anni trenta del secolo scorso. Tornerà?

Chiara – Sicuramente anche l’arte contemporanea, inclusa l’arte virtuale, dialoga con la storia dell’arte e con l’intero patrimonio culturale, trasformando il passato in presente e futuro, e così ridefinendo il concetto di patrimonio culturale stesso. Patrimonio che non è più fatto solo di valori estetici, ma anche e soprattutto di valori culturali, storici e artistici condivisi.
L’arte attraverso la realtà virtuale – ad esempio la mia opera VR Still Life – mantiene viva la correlazione fra estetica e identità culturale europea, speculando però su paesaggi, dipinti e sulla storia, per rovesciare lo spazio in una dimensione virtuale e interattiva orientata agli oggetti, che si sviluppa tutto intorno allo spettatore. E lo spettatore quindi, facendo esperienze nell’opera, recupera informazioni culturali dialogando in maniera cognitiva con la storia dell’arte.

Meet – Ed ora un’ultima domanda, l’immersione è efficace per l’arte, per la tua arte?

Chiara – Dalla fine degli anni Novanta ho costruito il mio linguaggio artistico attraverso le tecnologie immersive.
La realtà virtuale ci permette di superare i confini immaginando la presenza in una dimensione sospesa tra reale e intangibile, ove l’arte si sviluppa ad ampio raggio.
Il concetto di immersione è fondamentale nel mio lavoro dove lo spettatore diviene
cieco e iper-vedente allo stesso tempo. Cieco poiché quando indossiamo i visori perdiamo subito le coordinate cartesiane con lo spazio reale e iper-vedenti perché iper-vediamo l’opera riuscendo anche a penetrarla fino al punto della sua origine. Il visore 3D, per dirla alla De Kerckhove, sarà molto probabilmente la nostra prossima psicotecnologia, impossibile da non indossare!

Chiara Passa

Still Life, l’esperienza immersiva di Chiara passa, sarà presente a INNOCULT FEST, rassegna internazionale di installazioni, performance e progetti al MEET Media Center sabato 9 e domenica 10 aprile
Qui il programma completo.

CHIARA PASSA BIO
Chiara Passa, artista visiva (nata a Roma il 30/04/1973) lavora nella media art dal 1997. Laureata (M.F.A.) presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, Master in media audiovisivi presso la Facoltà di Lettere Moderne. La sua ricerca artistica analizza le differenze negli spazi virtuali attraverso una varietà di tecniche, tecnologie e dispositivi – spesso utilizzando tecnologie di realtà virtuale e realtà aumentata come media artistici per esplorare l’architettura come interfaccia. Usa VR e AR per comprendere il loro linguaggio intrinseco e così via per scuotere e sfidare la nozione statica di architettura, esplorando la dualità liminale tra luogo tangibile e virtuale, realizzando nell’arte una strana oscillazione tra gli spazi.
Qui trovate la sua biografia completa.

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