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Fuori Pixar – Il cinema degli elementi: terra

La terra è bassa, dice un vecchio adagio contadino, perché poggiamo tutti su di essa e perché ci dobbiamo chinare per coltivarla. Forse qualche creatura ancestrale, come ipotizzato da certa fantascienza, vive nel profondo di essa, ma anche gli animali che vivono sotto la sua superficie non sono abitanti dei suoi imperscrutabili abissi. Abitano nei primi meandri della sua pelle minerale.
All’interno dei suoi pori, non nelle sue viscere.

Sono gli insetti coloro che vedono più dal basso la terra, che ne camminano la superficie e la scavano trovandovi rifugio, gli abitatori per eccellenza di questa superficiale profondità. È vero, molti insetti volano o si posano tra rami e fiori, ma la maggior parte naviga i terrosi oceani del nostro pianeta con una prospettiva che l’essere umano non avrà mai. Bisogna trasformare gli insetti in uomini, dargli la facoltà di vedere con i nostri occhi, di parlare con la nostra lingua, di costruire una società che imita quella dell’uomo, per farci raccontare da loro che cosa è la terra. Come elemento. La Pixar ci è riuscita con A Bug’s Life, film del 1998 diretto da John Lasseter.
Nel film, una storia principalmente di formiche, operai della terra, quindi contadini, viene narrata l’epopea di un singolo insetto di quella specie nel suo viaggio salvifico per mettere al riparo le sua sua colonia dalle vessazioni delle cavallette, creature che arrivano dall’alto, dominatori e predatori del cibo altrui come violenti signori medievali.

Il soggetto richiama e cita, con il consueto amore pixariano per il cinema, il capolavoro di Akira Kurosawa, I Sette Samurai, in cui gli abitanti di un villaggio di contadini pagano un eterogeneo quando combattivo gruppo di samurai negletti per difenderli dalle angherie di un piccolo esercito di banditi. Anche il protagonista di A Bug’s Life troverà un gruppo di insetti salvatori, eroi loro malgrado, perché in realtà sono attori di una compagnia teatrale.
Ma ciò che differenzia il film Pixar da quello di Kurosawa è proprio il punto di vista pittorico. La terra, nemica-amica e elemento non umano e ostile come in un quadro di Courbet, è raccontata da Kurosawa dal punto di vista, leggermente più elevato, degli esseri umani. In A Bug’s Life, invece, siamo nel mini-mondo, proprio quello degli insetti, e la vediamo così vicina come non l’abbiamo mai vista, così che granelli di terriccio sembrano massi e fili d’erba e piccole foglie grandi alberi secolari.

Un insetto è anche l’unico compagno di WALL·E sulla terra, il nostro pianeta ormai deserto dipinto nel film del 2008. La Terra, come elemento di tutti gli elementi, perché li contempla tutti, è ormai un pianeta vuoto, pieno solo di rifiuti, che il piccolo protagonista robotico continua ad accumulare in ardite costruzioni architettoniche.
In WALL·E, prima di andare nello spazio nel corso delle avventure del piccolo automa, viviamo il nostro pianeta nell’immensità desolata del suo abbandono. La scala incommensurabile della solitudine è raccontata attraverso piani lunghi che ne amplificano il dolente vuoto. Qui la Terra è deserto, l’apoteosi della terra in quanto elemento singolo ed esclusivo. Ma anche il nulla, nella poesia narrativa di Pixar, possiede la sua esistenza e la sua sfrenata vitalità, respira la vastità del cielo e sembra muoversi, grazie alle costruzioni di WALL·E, verso un luogo meno solitario dove lo sguardo degli esseri viventi possa contemplarlo per negargli la sua stessa essenza, quella del niente.

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