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E-commerce, è boom. Cosa succederà nel post Covid?

L’ecommerce ha registrato un boom durante la pandemia e secondo stime attendibili, a fine 2020 il settore registrerà una crescita mondiale del 55%. Intanto, i clienti di shop digitali in Italia sono triplicati dall’inizio del lockdown. Stando ai dati presentati al Netcomm Forum Live, la fiera del digital retail – che si è tenuta ad inizio maggio in formato virtuale – dall’inizio del 2020 ad oggi sono circa 2 milioni gli e-consumers, contro i 700mila relativi allo stesso periodo del 2019.

Sono dunque più di un milione e trecentomila gli italiani che hanno scoperto le opportunità della spesa via click e relativa consegna a domicilio per evitare di uscire, senza rinunciare alla dispensa e al frigo pieni. Se la modalità dello shopping è nuova (per molti), anche le scelte di acquisto rivelano diverse sorprese. Secondo l’indagine di Netcomm Forum Live, il boom dello shopping digitale è quello del pet care, ovvero alimenti e prodotti per animali domestici, che ha fatto registrare un +154%. Secondi in classifica, i cibi freschi e confezionati (+130%), ultimo gradino del podio va ai prodotti per la cura della casa (+126%).

Il digital retail è entrato nella quotidianità di tantissime persone per cause di forza maggiore quasi si trattasse di una valvola di sicurezza da usare solo in caso di pericolo. Ora che la fase 1 della pandemia è archiviata, la valvola verrà dimenticata? È presto per dirlo, ma la persistenza del rischio contagio e l’oggettiva comodità dell’acquisto via web fanno pensare che una parte dei new user diventerà cliente abituale. Stando a dati Mybank, infatti,

Certo, occorre chiarirsi su un punto: c’è una ampia fascia di popolazione che all’ecommerce non riesce a ricorrere, pur volendo. Parliamo dei milioni di residenti di paesini e borghi italiani “tagliati fuori” da una rete di digital retail esageratamente sbilanciata verso le esigenze delle città, ben più redditizie. In loro soccorso, durante la crisi si sono attivati i piccoli commercianti che hanno inaugurato – spesso in modo artigianale, ma efficace – la consegna a domicilio e, nei casi più brillanti, sezioni eshopping sui siti e sulle pagine social dei loro esercizi.

A proposito di chi vende, qual è lo stato dell’arte? Dall’analisi condotta da Netcomm su circa 46.000 punti vendita, il 79% conta su un canale ecommerce attivo e solo il 37% è abilitato al ritiro o al reso in store di prodotti acquistati online.

Lasciando per un attimo da parte quel 21% di negozi e botteghe che ignorano l’ecommerce – e rischiano così facendo di diventare irrilevanti – anche fra chi ha sposato il commercio digitale non mancano le fragilità. Non si contano le catene di supermercati che sono incappate in autentiche débacle proprio mentre il servizio di digital retail diventava essenziale. Il problema qui è stato il cosiddetto “operations” ossia fornitura, smistamento e delivery: la crescita esponenziale degli ordini ha mandato in crash il sistema, rendendolo inutile (chi può attendere due o tre settimane per la consegna della spesa?).

E per chiudere la nostra ricognizione sull’ecommerce, non possiamo non menzionare i pagamenti digitali. In un paese tradizionalmente restio all’uso di carte di credito onsite e online, il lockdown ha imposto un cambio di marcia, specie fra chi ha una piccola bottega a conduzione familiare e ha sempre temuto i ricarichi dell’epayment. Nel periodo di quarantena Satispay ha dichiarato un +30% di esercenti aderenti al circuito, rafforzandosi quale maggior player del settore nel nostro paese. In un anno sono triplicate le strisciate digitali anche fra chi era quasi obbligato all’uso dei contanti, pensiamo alle consegne a domicilio e ai servizi “ambulanti” cui SumUp, che fornisce lettori portatili adatti a questo tipo di business, ha azzerato canoni e costi, riducendo lo scambio di denaro in carta “non sanificabile” e più pericoloso in tempi di Covid, specie per chi non abbia alle spalle organizzazioni strutturate (com’è nel caso della grande distribuzione).

Resta ancora molto da fare, in prima istanza per parificare completamente i diritti di chi compra di persona a quelli di chi compra dal salotto di casa, ma il new normal riparte da una più diffusa esperienza di cosa significhi acquistare in rete. E da lì, può e deve partire la costruzione di una consapevolezza sulle opportunità dell’ecommerce per il benessere della collettività che all’Italia è mancata per molto tempo.

 

Fotocredits
Apertura: Flickr | deepak pal
Al centro: Flickr | thomas_wiegold

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