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Digital Fashion. Indossare, ma non toccare

“L’abito è costruito con bits e bytes. Nel nostro atelier si usano schermi ad altissima risoluzione, non forbici e tavoli da sartoria”. Così si legge nel profilo instagram di “The Fabricant”, la prima digital fashion house al mondo.

Nel 2019, The Fabricant ha lanciato Iridescence, un capo digitale su misura firmato dalla designer Amber Jae Slooten che ricorda una jump-suit e ha uno stile vagamente “spaziale”, prezzo finale: 9,500 dollari su Blockchain. Com’è evidente, Iridescence è un prodotto esclusivo, non a caso viene bollato come digital haute couture perché replica i riti dell’alta moda usando creatività e tecnologie avanzate. Ma il digital fashion non è solo per pochi.

Cosa significa acquistare e indossare abiti di digital fashion?

Attraverso un’esperienza in VR, il cliente prova i capi presenti nel catalogo, una volta pronto per l’acquisto, invia una propria immagine alla digital fashion house. A quel punto, i designer 3D modellano il capo addosso all’acquirente ritoccando la fotografia fino a renderla perfetta (per certi versi questa fase ricorda la messa a punto di qualche anno fa in sartoria). L’immagine finale viene successivamente inviata all’acquirente, in formato digitale e anche tangibile. Per re-indossare il capo digitale in un’altra fotografia, il cliente dovrà pagare un’ulteriore fee che copra il costo del styling della seconda immagine.

Una frontiera della moda che ha preso piede solo recentemente, ma che è stata ben accolta e sperimentata dalla Generazione Z, le persone nate fra la fine anni 90′ e il primo decennio degli anni 0. Certamente questo digital fashion trend non vuole né può sostituire l’abbigliamento fisico, ma apre un mercato sperimentale che soddisfa la continua ricerca di personalizzazione e unicità da parte di una generazione di consumatori votati alla customizzazione.

Sostenibilità e blockchain

Oltre a rispondere al bisogno di acquisto immediato e compulsivo degli shop-aholic, la moda digitale ha un occhio di riguardo verso la sostenibilità e riconosce l’importanza dell’autore della creazione. La sintesi perfetta sta nel payoff di The Fabricant: “We waste nothing but data, and export nothing but our imagination”.

Il digital fashion azzera l’inquinamento connesso alla produzione e non ha bisogno di alcuna spedizione all’ingrosso o al dettaglio. Di più, i capi digitali non contribuiscono a deteriorare lo stato degli oceani: ogni anno i vestiti che laviamo rilasciano quantità enormi di microfibre di plastica, pari a 50 miliardi di bottiglie.

Con l’utilizzo del sistema blockchain, poi, gli abiti digitali sono protetti dalla contraffazione garantendo agli acquirenti un’edizione limitata ed autentica verificabile in qualsiasi momento.

Lo stile è virtuale

“Ho dovuto immaginare come sarebbe stato indossare il vestito. C’era un enorme elemento di sorpresa che non c’è con gli indumenti fisici. È come stare davanti ad un green screen, devi immaginare come apparirà l’abito che verrà aggiunto in post produzione”. A dirlo è Mary, la (facoltosa) proprietaria di Iridescence, il capo di digital haute couture progettato da The Fabricant e costato quasi 10mila dollari di cui abbiamo scritto all’inizio.

Il futuro di questa tendenza allo stile virtuale è tutto da costruire, ma il mondo del gaming sta facendo scuola. Si possono prendere ad esempio i giocatori di Fortnite che acquistano ciclicamente abiti digitali per i propri avatar cui vogliono dare un aspetto diverso, tendenzialmente migliore, in competizione con gli altri players.

Non possiamo escludere che la tendenza vista sui giochi di ruolo online si sposti sui feed degli altri social network che sul virtuale stanno già puntando. Un esempio? I filtri di Instagram creati e approvati sulla nuova piattaforma di Facebook, Spark AR Studio, utilizzata per creare elementi in realtà aumentata.

Un tipo di approccio che, dalle vendite non tangibili, sta arrivando al mercato fisico anche dell’instant fashion. Basti pensare allo sviluppo tumultuoso nell’uso dell’AR sulle piattaforme e-commerce di abiti e accessori a distanza. Il cliente ha oggi una possibilità di scelta molto più ampia: provare un abito preciso prima di recarsi in negozio per l’acquisto, “testare” un’intera collezione senza muoversi da casa, o ancora creare del look personalizzati mixando capi ancora da acquistare con pezzi già nel suo armadio.

Foto in apertura: The Fabricant | Digital fashion clay
Video al centro: Fashion Channel
Foto in basso: Flickr | Juushika Redgrave

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