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The New Atlas of Digital Art 2025: una mappa sintetica
The New Atlas of Digital Art”- Immersive Frontiers quest’anno ha avuto un ruolo centrale nella ridefinizione del rapporto tra tecnologia immersiva, AI e patrimonio culturale. Le numerose esperienze, pratiche e ricerche portate dagli speaker internazionali hanno chiarito in modo definitivo che l’esperienza immersiva non è più solo un mezzo ma diventa contenuto.
Il passaggio da strumento a contenuto
Questo rappresenta una vera rivoluzione: l’AI e le tecnologie immersive non sono più strumenti usati dagli artisti per veicolare un messaggio e diventano protagoniste dell’opera. L’interazione con l’intelligenza artificiale, la navigazione negli spazi virtuali, la personalizzazione dell’esperienza costituiscono ora l’essenza dell’arte digitale.
Dal punto di vista culturale questo significa veder emergere e radicarsi un modello completamente nuovo di fruizione culturale, in cui l’esperienza individuale in real time si somma alla possibilità di definire e guidare percorsi personalizzati e, per questa ragione, più incisivi e significativi.
Una rivoluzione antropologica
Dal punto di vista antropologico è un ulteriore scatto evolutivo, che avrà ricadute ancora difficili da interpretare e immaginare anche nel modo in cui l’arte, di qualsiasi natura, viene prodotta. Il rapporto tra persona e opera si è completamente trasformato: non è più l’essere umano davanti all’artefatto, al contenitore, spinto dalla curiosità o da un’innata passione, ma è l’artefatto stesso che si apre per essere esplorato, indagato e vissuto.
Il pubblico si trasforma in co-esploratore attraversando contenuti e spazi narrativi che ora sono più accessibili. L’opera d’arte diventa un ambiente vivo che reagisce, si adatta e co-costruisce l’esperienza insieme al fruitore. L’immersione è un nuovo linguaggio culturale capace di attivare corpo, memoria e immaginazione.
Archivi che diventano organismi vivi
Un nodo centrale è il rapporto tra cultura, memoria e dati. L’AI non si limita a generare contenuti ma apprende dalla cultura stessa, trasformando gli archivi in ambienti esperienziali. Questi diventano organismi vivi, piattaforme espressive in cui la memoria si attiva, si reinterpreta e talvolta si contamina, generando nuove forme di consapevolezza storica e collettiva.

Marc Da Costa, Matthew Niederhauser
Il caso ArcAIve
Durante The New Atlas of Digital Art è stata presentata in anteprima la piattaforma ArcAIve, ideata da Mauro Martino e Luca Stornaiuolo, uno strumento completamente innovativo che usa l’AI per facilitare la ricerca all’interno de Le Radici del Nuovo, l’archivio di MEET. Il progetto, supportato da Regione Lombardia, facilita radicalmente la ricerca fra centinaia di video che custodiscono il lavoro di MEET e di Meet The Media Guru degli ultimi decenni.
ArcAIve consente di fare ricerche tematiche partendo da un concetto, da una parola, da un periodo storico. Oppure di avviare un’esplorazione visiva per reperire in pochi secondi video con un determinato contenuto. Da qui, sempre grazie all’AI, è possibile costruire dei nuovi video con contenuti personalizzati, scegliendo quali parti selezionare, come costruire il montaggio, come gestire l’audio. Si tratta di un progetto pionieristico che offre un modello alternativo, più veloce e semplice, alla ricerca tradizionale.

Luca Stornaiuolo, Mauro Martino e Maria Grazia Mattei
L’esperienza culturale personalizzata
Un nodo centrale emerso da “The New Atlas of Digital Art” è la personalizzazione dell’esperienza culturale. L’AI analizza i comportamenti e restituisce percorsi su misura riflettendo la diversità dei pubblici. L’arte immersiva diventa partecipazione collettiva, un atto relazionale e politico dove la tecnologia amplifica il legame umano, come nel concetto di fuoco condiviso, simbolo di narrazione comunitaria.
Resistenza culturale
A più riprese durante gli interventi di The New Atlas of Digital Art è stata sottolineata l’importanza di reiterare questo tipo di esperienze collettive frutto di una ricerca artistica che sempre più è da considerare un antidoto potente alla proliferazione di utilizzi dell’AI totalmente controllati dalle big tech. Un atteggiamento di sperimentazione e, se vogliamo, di resistenza culturale praticato ovunque, di cui hanno parlato a lungo durante l’Atlas molti relatori e artisti.

Baris Gencel
Il futuro: ecosistemi culturali ibridi e la rivoluzione economica dell’esperienza
Si configurano così ecosistemi culturali ibridi dove i confini tra fisico e digitale non solo si dissolvono, ma generano nuove geografie dell’esperienza. Questi spazi non sono semplicemente “reale + virtuale”, ma costituiscono una terza dimensione ontologica dove oggetti, memorie e narrazioni acquisiscono proprietà inedite: un affresco rinascimentale può dialogare con la sua evoluzione algoritmica, un archivio storico può trasformarsi in ambiente navigabile, una performance può esistere simultaneamente in più luoghi e tempi.
Il modello glocal emerge come strategia di resistenza culturale: le tecnologie immersive vengono ricodificate nei contesti marginali, creando identità territoriali amplificate che sfuggono alla standardizzazione globale. Ogni comunità può così riappropriarsi delle narrazioni digitali, trasformando il proprio patrimonio in esperienze uniche e non replicabili.
L’artista è un architetto di relazioni: non più creatore di oggetti, ma facilitatore di processi, curatore di memorie collettive e hacker di paradigmi consolidati. Il suo ruolo diventa quello di chi sa leggere i dati culturali, interpretare i desideri inespressi delle comunità e tradurli in linguaggi esperienziali.
La rivoluzione dell’economia esperienziale
Il paradigma economico subisce una trasformazione radicale: il valore non risiede più nel possesso dell’oggetto culturale, ma nella qualità dell’interazione che genera. Mentre l’economia tradizionale si basa sulla scarsità, l’economia dell’esperienza immersiva prospera sulla moltiplicazione infinita delle possibilità interpretative. Ogni accesso all’opera genera un valore unico e irripetibile.
I modelli distribuiti scardinano le gerarchie tradizionali del sistema culturale: musei, gallerie e istituzioni non sono più gli unici custodi del patrimonio, ma nodi di una rete rizomatica dove ogni territorio può diventare centro di produzione culturale. Il futuro del patrimonio è fluido (si adatta alle esigenze), accessibile (supera barriere fisiche ed economiche), affettivo (genera legami emotivi profondi) e condiviso (appartiene alle comunità che lo vivono).